Mansplaining è una parola inglese coniata da Rebecca Solnit e spiegata approfonditamente nel suo libro omonimo. Tuttavia questo termine è spesso usato erroneamente, soprattutto da chi il mansplaining non lo ha vissuto sulla propria pelle.
Cosa vuol dire Mansplaining
Il termine mansplaining circola ormai da diversi anni, da quando la scrittrice e giornalista Rebecca Solnit pubblicò, nel 2008, un articolo per il Los Angeles Time dal titolo “Men who explain things” (uomini che spiegano cose), in cui citava un evento di mansplaining da lei stessa subito.
Era il 2003, Rebecca Solnit, che allora aveva già ben sei libri pubblicati alle spalle e una brillante carriera come giornalista avviata, si trovava a una festa.
Nel corso di questa festa la Solnit si trovò nel bel mezzo di una discussione con l’organizzatore della festa, che, evidentemente, non aveva la più pallida idea di chi fosse la persona che aveva di fronte.
“Ho saputo che hai scritto un paio di libri”, le ha chiesto. “Ne ho scritti diversi, veramente”. E di cosa parlano? Continua così la discussione “nel modo in cui incoraggi il figlio di un tuo amico che ha sette anni a parlare di come suona il flauto”.
Nel rispondere alla domanda dell’interlocutore Rebecca Solnit parlò del fotografo Eadweard Muybridge, di cui aveva parlato nel suo libro River of Shadows. Allora l’uomo le chiese se avesse letto quell’importante libro sul fotografo uscito da pochissimo nelle librerie. Senza sapere che (ironia della sorte!) il libro in questione era proprio quello della Solnit!
Ecco il mansplaining è proprio questo!
La traduzione in italiano
Nonostante il termine circoli già da diverso tempo, soprattutto negli ambienti femministi, in Italia ancora spesso non si riesce a capire bene di cosa si tratta.
Il titolo del libro della Solnit “Gli uomini mi spiegano le cose” è una buonissima traduzione italiana del termine coniato dall’autrice stessa. Sì, perché “uomini che spiegano cose” non rende perfettamente il concetto. Mentre leggendo la frase “gli uomini mi spiegano le cose” mi immagino proprio la Solnit che alza gli occhi al cielo di fronte all’uomo che cita, senza saperlo, il suo libro.
Ma altri hanno provato a rendere il concetto nella lingua italiana. Il direttore di Internazionale, Giovanni de Mauro, ad esempio ha spiegato il mansplaining come “l’atteggiamento paternalistico di un uomo quando spiega a una donna qualcosa di ovvio, o di cui lei è esperta, con il tono di chi parla a una persona stupida o che non capisce”.
Il libro di Rebecca Solnit
Ecco che arriva, infine, il libro della Solnit sul mansplaining, “Gli uomini mi spiegano le cose”, una riflessione della scrittrice sulla sopraffazione maschile.
“Ci sono molti modi per sentirsi superiori, più forti, più bravi, più sapienti e potenti. La sopraffazione non passa solo per la violenza fisica, l’umiliazione, la dipendenza economica, ma anche da meccanismi più semplici, da comportamenti più sottili e socialmente accettati da tutti. La violenza sulle donne comincia anche da una conversazione dove le donne vengono messe a tacere.
Cosa non funziona in queste conversazioni? Gli uomini pensano erroneamente di sapere cose che le donne non sanno e, senza farsi domande, iniziano a spiegarle. In questa selezione dei suoi scritti femministi più noti, Rebecca Solnit spiega perché ciò accade e ne sottolinea il lato grottesco. Con la sua prosa elegante e incisiva mette a nudo alcuni degli aspetti più imbarazzanti, crudi e folli della società maschilista, invitando a riflettere tutti coloro che ne hanno il coraggio”.
“La voce di Solnit non ha paura, nel suo arco ha frecce potenti” – The Indipendent.
Esempi di mansplaining
Gli uomini che si ritrovano a fare del mansplaining credono di essere migliori e più acculturati della donna che hanno di fronte. Ma il più delle volte sbagliano, finendo loro stessi per fare una figuraccia colossale. Chissà poi se se ne rendono conto o se sono così presi dal loro ego da non riuscire a capire il loro errore.
Uno degli esempi più conosciuti di mansplaining è avvenuto alcuni anni fa sul social network Twitter. L’astronauta americana Jessica Meir pubblicò un video girato nel corso di una simulazione scrivendo: “Per la prima volta sono andata a più di 19mila metri di altezza, la zona equivalente allo spazio, dove l’acqua bolle spontaneamente! Fortunatamente ho la tuta!”.
Un uomo, Casey O’Quin, ha ritenuto opportuno improntare una lezione di fisica all’astronauta: “Non direi spontaneamente. La pressione della stanza è sotto la pressione di vapore dell’acqua a temperatura ambiente. Semplice termodinamica”.
Dopo le numerose critiche l’uomo ha cancellato dal social network il suo profilo.