Ogni volta che attraverso il quartiere di Yanaka non so se farmi venire i brividi o lasciarmi pervadere dal profondo senso di casa che accompagna le mie passeggiate.
Per un attimo mi infilo nella rumorosa stazione di Nippori, il fiume di persone che si dirigono verso l’entrata, il cinguettio inconfondibile di quando la SUICA è carica e il tornello si aprirà, un coro meccanico che canta ad ondate ovunque ci siano treni e metro.
Io invece riemergo dall’uscita ovest e in quel momento mi sembra quasi di lasciarmi alle spalle la città.
Yanaka è fatta così, una sorta di limite del più e del meglio, di quello che per me è indiscutibilmente speciale. Potrebbe raccontarmi delle sfumature del Giappone per ore e io starei ad ascoltarla quieta, senza proferire parola.
Yanaka che è fatta di salite e discese, scale, viuzze…soprattutto tante viuzze, un dedalo magnifico di antichità, in una delle parti più vecchie della capitale, quella zona dall’atmosfera meravigliosamente consunta e autentica chiamata Shitamachi (la città bassa) e che in ogni suo dettaglio dipinge nitida la bellezza della Tokyo di un tempo.
Alla scoperta del cuore di Yanaka
A Yanaka verrebbe naturale avviarsi giù lungo Yuyake Dan Dan (le scale del tramonto), scorrere via seguendo il percorso di Yanaka Ginza, l’antica strada affollata di altrettanto antichi negozietti.
Allungarsi per uno yakionigiri a 50 centesimi nel negozio più unto e ricoperto di kanji che ci sia, l’odore delle korokke appena fritte ed esposte all’aria, le piccole obaasan a presidiarne le teche fumose appena oltre l’uscio di street stand decrepiti e affascinanti.
Lungo la via a tutte le insegne di legno di un’epoca ormai dimenticata, il verduriere con un daikon intagliato che dondola al vento, il sarto con un’antica macchina da cucire incisa sulla placca che ne indica il negozio, si accompagnano le immagini dei gatti simbolo del quartiere.
Compaiono da Neko no te (le zampe del gatto) dolci che ne mimano le code, biscotti che ne riprendono i musi sornioni, o ancora di più da Nekoemon, dove, versato un pizzico di gatti kawaii in ricette tradizionali, i dolci tipici giapponesi hanno cambiato in parte il proprio aspetto per adattarsi a queste mascottes.
Il potere di Yanaka
A Yanaka ancora di più, però, adoro perdermi. In qualche modo in quel labirinto di antico e vissuto ritrovo sempre me e qualcosa in più.
Se mi addentro giù per una via sconosciuta, l’idea vaga del dove mi fa apparire chiari i perché; Yanaka è lenitiva, l’unguento che massaggi caldo sopra una giornata grigia.
A piedi ne accarezzi gli arti, scendendo per la via dove riposa lo studio di un artigiano di ema dipinti a mano, poco più in là la meraviglia degli Tsujibei, mura di epoca Edo che sono ormai una vera rarità nella Tokyo moderna.
Sgrani gli occhi allo scorgere dei lampioni a forma di Monte Fuji, su per Fujimizaka, là, dove un tempo, prima che venisse offuscata dai grattacieli, la Montagna Sacra era davvero visibile.
Passi le dita nella sua fronda di Sakura in primavera, una delle chiome rosa più belle di tutta Tokyo, aggiusti quel mantello di templi, così tanti che è impossibile contarli.
Un piccolo quartiere ricco di tradizione
Il Tennoji è il primo tempio con cui, 4 anni fa, ho fatto conoscenza. L’enorme Buddha poggiato sullo sfondo dei palazzi moderni di Nippori, i ciliegi piangenti e l’intimo hanamatsuri che vi si festeggia, bevendo té alla radice di ortensia.
Tracciandone i sentieri a piedi, tempio dopo tempio, ci si rende conto di quanto questa zona si sia tenuta stretta la sua storia: da dov’è nata Tokyo, com’era un tempo Tokyo, Yanaka è in grado di spiegarlo.
Seguendo il filo delle sue risposte mi sono imbattuta nelle 84 mila statue di Jizo, nascoste dentro al Jomyoin. Nel rosso fuoco del bellissimo ma dimenticato Mausoleo di Tokugawa Tsunayoshi (il quinto shogun) ne ho amato da subito, e tuttora non smetto di essere innamorata, le sue case tradizionali, dei nidi di autenticità e quiete, i corpi tutti in legno rivestiti di tatami, intelaiati di porte e finestre sottili, la carta patinata che rende la luce opaca.
Tra un ristorante e una bakery
In alcune di queste gli abitanti hanno creato microcosmi, piccoli ristoranti o panetterie dall’aspetto totalmente giapponese, infilati negli angoli del quartiere. Si gira in un cortile interno e ci si ritrova davanti la ruvida bellezza di Ueno Sakuragi Atari, bakery e ristorante, ma anche spazio espositivo al secondo piano di quella che era anticamente una chashitsu.
Preservato l’aspetto, si salgono le scale, tipicamente ripide e strette, si tolgono le scarpe e si viene a contatto con la superficie irregolare del pavimento. Appoggiata la schiena al muro ho pensato, la prima volta, di non poter mangiare in un posto più bello.
Di recente ho poi incontrato Tayori, e non posso negare che sia stato come un colpo di fulmine. E’ fiorito, così, inaspettatamente da qualche mese, in una stradina anonima. Un ristorantino adagiato dentro una vecchia dimora.
La sala principale in legno e subito di fianco la washitsu, tutta la personalità da luogo di un’altra epoca e una cura infinita per ogni ingrediente, ogni piatto tradizionale preparato. A contornarne la figura il bellissimo giardino interno, i ballatoi così tipici del Giappone, tavoli bassi e cuscini intrecciati, oltre le porte scorrevoli.
Innamorarsi del Giappone
Prendete una mappa e dedicatele un giorno, entrate nei templi, perdetevi anche voi, sedetevi in un caffè, guardatela dall’interno e sono sicura che a fine giornata ne sarete rimasti innamorati anche voi. E’ vero, io ho sempre vissuto vicino a Yanaka, forse sono di parte, forse è per questo che provo tanto affetto, ma per me è indubbiamente un dipinto della bellezza del Giappone autentico.