“Gli haiku sono una delle più semplici e sincere forme di poesia giapponese”
Gli haiku sono nati nel Giappone del diciassettesimo secolo e, per fare un analogismo con la letteratura italiana, possiamo ricollegarli al nostro ermetismo.
Si tratta di brevi, brevissimi componimenti poetici, appena tre versi che racchiudono pensieri profondi e ci infondono il senso stesso della vita.
Una poesia che non sembra poesia
“Sotto l’albero tutto si copre
di petali di ciliegio,
pure la zuppa e il pesce sottoaceto”
Matsuo Basho
Il punto di forza degli haiku sta proprio nella sua brevità, una poesia che non sembra nemmeno tale. Poche semplici parole che racchiudono significati profondi, radicati nella cultura, lasciando fluire attraverso tre versi il senso della vita.
Gli haiku raccontano delle stagioni, della precarietà dell’uomo, della natura, del mondo e della quotidianità, che non è tormento, ma magia.
Gli haiku sono brevi ma non per questo meno intensi, sono aforismi che vanno letti con calma. Seduti sotto un albero di ciliegio, con il vento che soffia sulla pelle, assaporandone ogni singola parola, anche quelle non dette.
Le origini degli haiku
“Mondo di sofferenza:
eppure i ciliegi
sono in fiore”
Kobayashi Issa
L’origine degli haiku è, in realtà, un po’ incerta. Si inizia a parlare davvero di haiku nel 1800, ma, nonostante non esistesse un termine specifico ad indicarli, i brevi componimenti poetici esistevano già da alcuni secoli.
Questo tipo di poesia, infatti, sembra derivare dal waka, letteralmente poesia giapponese, divenuta poi taka, poesia breve. Ma l’origine più accreditata sembra essere quella del hokku, ovvero la prima strofa di un renga, un componimento poetico a più mani.
Per molti anni tuttavia gli haiku furono considerati componimenti popolari, proprio data la loro brevità e la loro semplicità. Solamente con le opere di alcuni grandi artisti iniziarono ad essere presi davvero in considerazione.
Il primo e più grande esponente della poesia haiku fu Matsu Basho. Molto diffusi nel periodo Edo erano i diari di viaggi, racconti di pellegrinaggi arricchiti da pochi semplici versi in prosa, gli haiku appunto.
Gli elementi degli haiku
In ogni haiku è presente un riferimento alla stagione durante la quale è stato scritto il componimento. Il riferimento stagionale si chiama kigo, parola della stagione. Il riferimento può essere un’animale, come la rana per la primavera o la lucciola per l’estate, un luogo, una pianta, un evento, una tradizione, come nel caso dei fuochi d’artificio per l’estate, ecc.
I kigo sono così importanti nella stesura degli haiku, ma non solo, che esistono dei veri e propri cataloghi delle stagioni, chiamati saijiki.
Un altro elemento immancabile negli haiku è il kireji, una parola che taglia. Si tratta di un ribaltamento semantico o concettuale, un capovolgimento del significato, il quale può trovarsi, ad esempio, tra il primo e il secondo verso.
Il kireji può essere rappresentato visivamente con un trattino, un punto o una virgola.
“Il letto s’è bruciato –
ora
posso vedere la luna”
Masahide
Gli stati d’animo degli haiku
Una delle funzioni più importanti dei componimenti poetici è, inoltre, l’espressione di un determinato stato d’animo. I principali stati d’animo rappresentati nei componimenti poetici sono:
- Sabi: solitario, avvizzito, povero o scarno;
- Wabi: soffrire, vivere in solitudine e tristezza;
- Mono no aware: nostalgia, rimpianto;
- Yugen: profondità, mistero;
- Karumi: leggerezza;
- Shiori: delicatezza.
“Non piangete, insetti –
gli amanti, persino le stelle
devono separarsi”
Kobayashi Issa